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Una storia di ieri, una storia di oggi: a Saluzzo l’unico bracciante buono è il bracciante morto

sabato, Agosto 6th, 2022

Rosse “da baciare”, snack e da bere. A Saluzzo è il tempo delle mele 4.0.
«Abbiamo oltre 100 varietà. Qui spunteranno le Ferrari della frutta».

(Nota impresa agricola locale)

In principio erano i montanari, scesi dalle vallate alpine alla ricerca di una sussistenza nei campi dei “padrùn”. Fin dagli anni Venti del secolo scorso, con l’infrastrutturazione dei trasporti e la meccanizzazione dei mezzi di produzione, si afferma nelle campagne saluzzesi la coltivazione specializzata del melo, del pero e del pesco come componente significativa della sempre più intensiva frutticoltura piemontese. Negli anni Sessanta è ormai evidente la trasformazione di un mondo agricolo storicamente basato sull’autoconsumo in una economia di mercato. Nonostante le continue innovazioni tecnologiche del dopoguerra, che comportano la radicale espansione degli ettari a coltura e la loro progressiva concentrazione nelle mani di chi ha capitale da investire, il proprietario agrario che vuole arricchirsi non riesce però a fare a meno dei salariati e dei “giornalieri permanenti” per raccogliere la frutta, soprattutto durante le cicliche punte stagionali. Così, “muntagnin”, “terùn” o “studènt”, le braccia nei campi di Saluzzo servono a migliaia – negli anni Settanta si parla di 4.000 lavoratori – ma non devono parlare, tantomeno avanzare pretese. 

Nel 1978 con la cosiddetta “Operazione Pesche” a regia Democrazia Proletaria e Lotta Continua, sono proprio gli studenti accampati ai margini della città a scaldarsi contro lo sfruttamento diffuso, il lavoro nero e le condizioni abitative insalubri dei braccianti che, quando gli va bene, vengono ospitati nelle stalle delle cascine. Come si legge in una lettera aperta indirizzata al Sindaco di Saluzzo, “il problema si pone oggi e si ripresenterà fino a che esisterà lavoro stagionale nella nostra zona”. Gli stagionali occupano le sedi dei Comuni di Saluzzo e Lagnasco, la sede della Coldiretti e bloccano l’entrata e uscita di merci dai frigo. Gli interessi in ballo sono grossi, i 70-80s sono gli anni in cui i padroni con più capitale hanno iniziato a consociarsi – è del 1970 la costituzione dell’Associazione tra Produttori Ortofrutticoli Piemontesi – fioccano i finanziamenti, si affina la ricerca e si sperimentano nuove tecnologie di produzione, si innestano varietà esotiche – vengono lanciati l’actinidia e i piccoli frutti -, si stringono accordi di filiera forti di una nuova organizzazione produttiva e logistica, i fatturati si moltiplicano. 

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